USURA SOPRAVVENUTA: è irrilevante lo sforamento nel corso del rapporto
Il superamento del tasso soglia deve calcolarsi solo ed esclusivamente al momento della pattuizione
La configurabilità dell’usura sopravvenuta deve negarsi, in particolare, in virtù della considerazione per cui il divieto di usura è contenuto unicamente nell’art. 644 c.p., dunque, essendo il giudice vincolato all’interpretazione autentica delle norme, sarebbe impossibile operare la qualificazione di un tasso come usurario senza considerare il disposto dell’art. 644 c.p., ai fini della cui applicazione, però, non può farsi a meno – perché così impone la norma di interpretazione autentica – di considerare il momento in cui gli interessi sono convenuti, indipendentemente dal momento del loro pagamento.
Questo il principio espresso dal Tribunale di Milano, Giudice Adriana Cassano Cicuto, con la sentenza n. 8688 del 27.09.2019.
La vicenda ha riguardato una società correntista che ha convenuto in giudizio un istituto di credito al fine di ottenere, inter alia, l’accertamento e la declaratoria di nullità delle clausole di pattuizione degli interessi – in quanto usurari e anatocistici – con riferimento a due rapporti di conto corrente stipulati tra le parti nel 2008. La pronuncia in commento suscita particolare interesse poiché, pur ponendosi in linea con indirizzi interpretativi piuttosto consolidati, ha avuto modo di compiere, con riguardo ad alcune contestazioni tipiche del contenzioso bancario, importanti precisazioni le cui motivazioni meritano di essere analizzate nel dettaglio.
Sull’usura e sul valore vincolante delle Istruzioni della Banca d’Italia.
Uno degli aspetti maggiormente degno di nota nell’ambito del contenzioso bancario – e che la sentenza in esame ha avuto modo di trattare – è quello relativo al valore vincolante delle Istruzioni della Banca d’Italia in tema di applicazione della legge 108/1996. A riguardo, il Tribunale di Milano ha precisato che – ai fini del calcolo del TEG – del tutto inattendibili risultano essere le metodologie di calcolo diverse dalla formula a ciò indicata dalle Istruzioni di Banca d’Italia. È sulla scorta di tale premessa che il giudice ambrosiano ha considerato del tutto scorretta la perizia di parte attrice che ricomprendeva nel calcolo del TEG anche le commissioni di massimo scoperto, nonostante le stesse, alla stregua delle Istruzioni della Banca d’Italia, sono computate, al fine del calcolo del TEG, solo a far tempo dal 1° gennaio 2010, e non – come invece pretendeva di sostenere parte attrice – dal 2008, anno di sottoscrizione dei rapporti oggetto di contestazione.
Il Tribunale di Milano ha poi confermato l’orientamento della Corte di Cassazione, SS.UU., sentenza n. 24675/2017, in tema di c.d. usura sopravvenuta. Più in particolare, è stata esclusa l’usurarietà dei rapporti di conto corrente oggetto di contestazione dal momento che – come altresì confermato dalla perizia del consulente tecnico d’ufficio – nessun superamento del TSU si verificava al momento della pattuizione. A riguardo, è stato infatti precisato che “non possiede alcuna rilevanza la doglianza relativa all’usura sopravvenuta in quanto è dato discorrere di interessi usurari solo relativamente ai tassi così come stabiliti al momento della pattuizione e non al momento della corresponsione degli stessi”. Appare quindi convincente la decisione del Tribunale di Milano che – nonostante fosse stato accertato, in sede di consulenza tecnica d’ufficio, il superamento del TSU in alcuni trimestri – non ha considerato usurari i rapporti oggetto di contestazione.
Sul divieto di anatocismo.
In punto di capitalizzazione, la sentenza in esame ha avuto modo di ribadire che dall’entrata in vigore della Delibera CICR del 2000, del tutto legittima risulta essere la capitalizzazione degli interessi passivi ad opera degli istituti di credito, purché venga assicurata al cliente la medesima periodicità nel conteggio degli interessi creditori e debitori; e che il divieto introdotto dall’art. 120, comma 2, TUB ha sancito il radicale divieto di anatocismo dal 1° gennaio 2014. Il Tribunale di Milano ha concluso che, nella specie, «[andasse] considerato il divieto introdotto dall’art. 120, comma secondo del TUB – così come modificato dall’art. 1 comma 629 della L. 147/2013 che ha sancito il radicale divieto di anatocismo dal 1° gennaio 2014 – con conseguente espunzione dell’anatocismo dal 1° gennaio 2014».
Sulle commissioni di massimo scoperto.
La sentenza in esame ha avuto altresì modo di pronunciarsi in merito alla censura – anch’essa tipica del contezioso bancario – relativa all’asserita assenza di causa giustificatrice delle commissioni di massimo scoperto. Sul punto, il giudice ambrosiano – in conformità ad un ormai consolidato orientamento giurisprudenziale – ha precisato che “la cms riveste la funzione di remunerazione accordata alla banca per messa a disposizione dei fondi a favore del correntista indipendentemente dall’effettivo prelevamento della somma, ratio del tutto valida e compatibile con l’esercizio dell’autonomia contrattuale delle parti a condizione che esse sia determinata”.